Cie Hervé Koubi

Artista francese di origine algerina, Hervé Koubi ha sviluppato la sua carriera come ballerino-coreografo presso la Facoltà di Aix-Marseille, perfezionandosi al Centre International de Danse Rosella Hightower a Cannes, e all’Opéra de Marseille. Nel 2000 ha creato Le Golem, primo progetto con la sua compagnia, la CIE HERVÉ KOUBI, ottenendo un rapido successo in tutto il mondo, tanto da essere nominato Chevalier des Arts et des Lettres.

Les nuits barbares, ou les premiers matins du monde

Con la sua compagnia di quindici straordinari danzatori, il coreografo franco-algerino ha creato «Les nuits barbares, ou les premiers matins du monde», opera dedicata al tema dell’origine della cultura mediterranea, uno spettacolo definito dalla stampa internazionale «spettacolare, sublime, e superlativo». Con questo lavoro originale, Koubi ha concepito un gioiello che unisce la potenza ipnotica della parata da guerra e la precisione di un balletto classico e affronta la paura ancestrale del barbaro, portando agli occhi del pubblico ciò che di più affascinante c’è nell’incontro fra culture e religioni.
Hervé Koubi riscrive una storia millenaria portando sul palco la paura ancestrale dello “straniero”, dell’altro da sè, per rivelare la raffinatezza delle culture «barbare». I danzatori fanno vorticare le loro gonne come dervisci, brandendo lame e coltelli al suono della musica sacra di Mozart e Fauré, miscelata con melodie tradizionali algerine, dialogando con il patrimonio musicale e spirituale dell’occidente; la loro sensualità virile e la loro energia mozzafiato evoca un’umanità intera di barbari: Persiani, Celti, Greci, Vandali e Babilonesi, quasi delle apparizioni da tempi remoti e oscuri, che hanno influenzato quel grande crocevia di culture che è il Mediterraneo. Tutti questi elementi storici e culturali si mescolano, dal punto di vista stilistico, con il linguaggio della breakdance e dell’hip hop, reinventati in maniera spettacolare, in un mix di generi dalla sensualità quasi spirituale. Non lavorando sulla narrazione, ma sugli ambienti, sulla presenza della carne e la potenza delle immagini, la compagnia si trasforma da esercito di guerrieri a corpo di ballo o coro d’opera. Hervé Koubi solleva le ombre dalle notti barbare per mostrare l’alba di una cultura condivisa, in un’esplorazione potente e carismatica della storia del Mediterraneo.

ODYSSEY
Con la partecipazione straordinaria di Natacha Atlas

Con questa sua nuova creazione (debutto dicembre 2019) Hervé Koubi intende celebrare la femminilità laddove essa si esalta, ossia nell’incontro con il maschile, a cui non è opposta ma complementare. E, sul palco, questa unione è simbolicamente rappresentata
dall’incontro tra la danza, incarnata dai ballerini della compagnia, e la musica eccezionalmente rappresentata dalla presenza della cantante di origini giudeo-egiziane Natacha Atlas, che ha accettato di mescolare la grazia del suo tono di voce unico, una sorta di “incantesimo mistico”,
espressione del suo mondo poetico di sradicamento, a quello stesso di Hervé Koubi, coreografo francese di origini algerine. Natacha Atlas, attraverso gli occhi di Hervé Koubi, incarnerà “la donna”, tutte le donne. Ma si tratterà della Principessa Nausicaa? O della Maga Circe? O della Ninfa Calipso? Oppure, infine, di Penelope, la moglie di Ulisse tentata da tanti cortigiani che cercarono di impadronirsi di lei come di un oggetto, e annientare il frutto del suo idillio con Ulisse, Telemaco? Di fronte all’odio dei suoi contendenti che abusarono della sua debolezza approfittando della lontananza di Ulisse, la risposta di Penelope risiede nella forza, tutta femminile, dell’attesa, della
resistenza. E per Koubi la sfida del ritorno di Ulisse è quella dell’amore. Ma di un amore riflesso qui dal caleidoscopio dello sguardo della donna, “terra” di accoglienza, ancor prima che essere materna. E se questo viaggio che Koubi vuole rappresentare è ancora una volta quello del passaggio per mare, esso si realizza ancora e sempre attraverso il Mediterraneo, che unisce ebrei, musulmani e cristiani, orizzonte greco il cui moto ondoso prodotto dal combattimento è passaggio necessario per approdare alla pace, termine femminile, onorato qui concretamente sul palco.

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